– di Mario Dusi. La procura alle liti in lingua straniera è valida anche in mancanza di contestuale produzione di traduzione in lingua italiana, laddove il giudice sia in grado di compiere da sé la traduzione: così la Corte di Cassazione con sentenza del 12/07/2023, n. 19900.
La questione era sorta nell’ambito di una controversia in materia successoria, in cui il controricorrente aveva eccepito preliminarmente la nullità della procura speciale per il ricorso in cassazione, in quanto carente di traduzione italiana da parte di un esperto, portando a sostegno due precedenti della Suprema Corte:
- 11165/2015: “La procura speciale alle liti rilasciata all’estero […] è nulla […], ove non sia allegata la traduzione dell’attività certificativa svolta dal notaio, e cioè l’attestazione che la firma sia stata apposta in sua presenza da persona di cui egli abbia accertato l’identità, vigendo pure per gli atti prodromici al processo il principio generale della traduzione in lingua italiana a mezzo di esperto”;
- SU 26937/2013: “[…] gli atti prodromici al processo possono essere redatti non in lingua italiana, atteso che l’art. 122, co. 1 c.p.c., prescrivendone l’uso, si riferisce agli atti endoprocessuali e non anche a quelli prodromici, ma per questi ultimi vige il principio della traduzione in lingua italiana a mezzo di esperto”.
Nel caso in esame vi era una procura speciale in inglese, fornita di traduzione in italiano non asseverata da un esperto, e preceduta da apostille in inglese, priva di traduzione.
La Corte ha quindi analizzato i due brani giurisprudenziali citati, per poi osservare che l’art. 122, co. 1 c.p.c. (che prescrive l’uso della lingua italiana) si riferisce agli atti processuali in senso proprio e non anche a quelli preparatori (quali la procura alle liti e correlativa apostille), per i quali vige, invece, il principio generale della traduzione in lingua italiana a mezzo di esperto.
A questi si applica, infatti, l’art. 123 c.p.c. che stabilisce: “Quando occorre procedere all’esame di documenti che non sono scritti in lingua italiana, il giudice può nominare un traduttore […]”.
Tale disposizione, osserva la Corte, facoltizza (non obbliga) il giudice alla nomina del traduttore, consentendogli di farne a meno, se conosce la lingua.
A fondamento di quanto sopra, la sentenza cita, tra le altre, Cass. 13898/2003, secondo cui l’onere di allegare la traduzione “vige solo quando questa sia effettivamente necessaria, giacché la stessa nomina di un traduttore, ai sensi dell’art. 123 c.p.c., costituisce per il giudice non un obbligo, bensì una facoltà discrezionale (esercitabile in relazione alle difficoltà di comprensione del testo in lingua straniera), il cui mancato esercizio non è sindacabile in sede di legittimità”.
Sulla base di tale principio di diritto, la Suprema Corte ha pertanto rigettato l’eccezione preliminare di nullità della procura speciale per il ricordo in cassazione, passando all’esame del merito dei motivi di ricorso.
ERGO: per chi lavora con clientela internazionale, aumentano le possibilità di evitare formalità che spesso fanno perdere tempo e/o sono oggetto di contestazioni meramente defatigatorie in corso di causa.