– di Mario Dusi e Fabrizio Angella.
Con ordinanza del 26 febbraio 2021 il Tribunale di Roma ha deciso che il divieto di licenziamento individuale, disposto dalle norme emergenziali, è applicabile anche ai dirigenti.
Il provvedimento è di estrema importanza, in quanto destinato ad aprire la possibilità di una “ri-lettura” del dettato normativo in periodo Covid-19, orientata (almeno fino ad oggi) ad escludere i dirigenti dal novero dei lavoratori tutelati dal blocco dei licenziamenti individuali.
Nel caso specifico il dirigente (o meglio pseudo-dirigente) ha impugnato il licenziamento (per motivi oggettivi) intimatogli dal suo datore di lavoro nel luglio 2020, per dichiarata soppressione della posizione dirigenziale che ricopriva (Credit manager), ad esito di una riorganizzazione resasi necessaria a causa di un calo dell’attività aziendale legato alla pandemia.
Avanti al Tribunale il dirigente licenziato lamenta quindi, in via principale, la violazione del divieto di licenziamento per motivi oggettivi previsto dall’art. 46 D.L. “Cura Italia” n. 18/ 2020 (poi convertito in legge n. 27/2020) e dall’art. 80 del Decreto Rilancio n. 34/2020 (poi legge n. 77/2020), divieto che il lavoratore sostiene essere applicabile anche ai dirigenti.
Rimasta contumace la società datrice di lavoro, il Giudice del Lavoro di Roma accoglie la domanda principale del lavoratore.
Motiva il Giudice che il manager era stato licenziato per motivi oggettivi, di natura economica, in vigenza del divieto di licenziamento imposto dal Cura Italia e dal decreto Rilancio, e che tale divieto è applicabile anche ai dirigenti per due ordini di motivi.
A) Il primo è rappresentato dal fatto che la ragione del blocco risiede nella volontà del legislatore di evitare che le conseguenze economiche della pandemia possano tradursi nella soppressione di posti di lavoro, rischio generalizzato che non può non coinvolgere anche la categoria dei dirigenti, categoria per molti aspetti ancor più “fragile” rispetto agli altri lavoratori, a motivo del diverso regime di licenziamento ad essi applicato, che si fonda sul principio contrattuale della “giustificatezza”.
B) In secondo luogo, motiva ancora il Giudicante, non si spiegherebbe la disparità di tutela accordata in caso di licenziamento collettivo, giacchè al dirigente si applicherebbe solo il divieto di licenziamento “collettivo”, ma non anche quello di licenziamento “individuale”.
Viceversa, il Tribunale rileva che l’applicabilità ai dirigenti del blocco dei licenziamenti collettivi “offre un dato significativo del fatto che il legislatore non abbia voluto fondare una distinzione basata sullo status del lavoro dirigenziale e sulla particolarità di esso”.
Inoltre, motiva il Giudice, il riferimento all’art. 3 della legge n. 604/66 mira a delimitare non l’ambito soggettivo di applicazione del divieto, ma ad identificare la natura della ragione (giustificato motivo oggettivo o giustificatezza oggettiva per il dirigente) che non può essere posta a fondamento del recesso in quanto rientrante nel divieto.
Il Tribunale di Roma ha quindi dichiarato la nullità del licenziamento del manager per violazione di disposizione “imperativa”, ordinando alla società datrice di lavoro la reintegrazione nel posto di lavoro e condannandola al risarcimento del danno e al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali.
E’ indubbiamente una pronuncia che farà discutere, ma che certamente apre nuovi possibili scenari interpretativi circa il licenziamento (o meno) dei dirigenti in periodo Covid-19.
Dusilaw Legal & Tax resta costantemente attento alle tematiche lavoristiche ed alla relativa giurisprudenza (anche di merito), segnalando alle aziende le pronunce più interessanti e importanti, tanto più nella complessa tematica del rapporto tra impresa e propri dirigenti.