– di Mario Dusi.
Come noto già nel giugno 2014 era stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale EU il Regolamento 655/2014 del Parlamento Europeo, che istituiva la procedura per l’ordinanza europea di sequestro conservativo sui conti correnti bancari.
La norma europea concedeva (sin da allora!) la possibilità ai creditori all’interno dell’Unione Europea di tentare di assicurarsi il risultato della esecuzione forzata, attraverso la facoltà (appunto concessa dal Regolamento sopra citato) di ottenere dei provvedimenti cautelari nello Stato di esecuzione, per prevenire eventuali attività del debitore che volesse sottrarre i propri beni all’esecuzione forzata.
Il punto essenziale di questa norma attiene alle operazioni di ricerca di eventuali conti correnti bancari nel Paese dove risiede il debitore stesso.
La normativa europea è naturalmente concorrente e autonoma rispetto a tutti i possibili rimedi cautelari dei diritti interni dei vari Stati Membri.
Il Regolamento opera sostanzialmente in due passaggi ossia:
A. La richiesta di sequestro del conto, anche prima dell’avvio di un procedimento di merito, contro il debitore nello Stato Membro fornendo la necessaria prova dell’esistenza del fumus boni iuris e del periculum in mora.
Si potrà dunque chiedere, attraverso un modulo (ai quali negli ultimi anni i regolamenti europei ci hanno abituati per uniformità delle istanze in tutti i Tribunali europei) di ottenere un provvedimento di sequestro, in tempi molto stretti (la previsione è di 10 giorni dal deposito della domanda).
B. La seconda fase, quella più delicata, è quella della ricerca di informazioni sui conti correnti bancari; l’Autorità Giudiziaria presso la quale è pendente la domanda di sequestro contatta direttamente le Autorità di informazione dello Stato Membro (di esecuzione del sequestro) per conoscere i conti correnti intestati al debitore.
Con il nuovo D.Lgs. numero 152 (datato 26 ottobre 2020) il legislatore italiano ha dunque specificato la possibilità di ottenere la richiesta di documentazione sui conti correnti attraverso le modalità (già note) dell’articolo 492 bis del codice di procedura civile (in vigore in Italia oramai da alcuni anni), che notoriamente concede la possibilità (dopo aver proposto istanza al Giudice del luogo in cui risiede il debitore) di avere un accesso illimitato a tutti i registri della Agenzia delle Entrate italiana sul quel singolo soggetto.
Con questo meccanismo, naturalmente, vi è la possibilità di accertare preventivamente l’esistenza di beni e/o conti correnti su cui eseguire titolo a livello EU, affinché il creditore possa decidere (con alcuni dati in più se impiegare costi e danari sapendo in anticipo se potrà ottenere un risultato finale.
Il provvedimento di esecuzione italiano, dunque, fa chiarezza sulle modalità con le quali ad oggi un creditore straniero può effettivamente recuperare le somme a lui dovute da un debitore che risiede in altro Stato Membro, rendendo più prevedibili i costi, nonché i tempi della esecuzione stessa.
Il nostro studio si occupa da anni di questa attività esecutiva soprattutto per le società con sedi nei Paesi di lingua tedesca e del nord dell’Europa.