– di Mario Dusi.
In un caso davvero particolare in cui due cittadini che risiedevano a Norfolk (Regno Unito) nel 2016 – dove esercitavano un’attività lavorativa subordinata – avevano chiesto al Giudice portoghese di aprire una procedura fallimentare nei loro confronti, avendo i medesimi un immobile in Portogallo ed essendo ivi accaduti i fatti che avevano portato alla loro personale insolvenza, la Corte di giustizia ha preso posizione su questo importante tema.
La sentenza del 16 luglio 2020 (C-253/19) fa chiarezza sulla interpretazione dei titoli di giurisdizione, così come previsti e disciplinati dal Regolamento 2015/848 nelle procedure di insolvenza trasfontaliera, anche nel caso di persone fisiche che non esercitano attività professionale o imprenditoriale.
Come noto la tematica interpretativa ruota (ancora oggi) attorno alla identificazione del centro degli interessi principali (di una persona fisica che non esercita attività imprenditoriale, o professionale indipendente), che va identificata nell’esatto luogo in cui la persona gestisce i propri interessi economici e dove la maggior parte dei suoi redditi sono percepiti e spesi (oppure nel luogo in cui si trovano la maggior parte dei suoi beni).
La Corte di Giustizia da un lato ha chiarito che l’unico soggetto che può dare la corretta interpretazione al Regolamento sopra citato, onde evitare che i giudici dei singoli stati membri possano dare delle interpretazioni difformi, è proprio la Corte del Lussemburgo.
Dall’altro lato, dopo aver svolto una valutazione globale di tutti i criteri oggettivi, la Corte ha soppesato il concetto del centro degli interessi principali (legato allo svolgimento dell’attività lavorativa (in questo caso in UK), rispetto alla presenza sul territorio portoghese dell’immobile e di tutte le operazioni economiche che hanno portato di fatto al dissesto dei due cittadini dell’Unione.
Il tutto sottolineando che la presunzione del centro di interessi, fondata sulla localizzazione di un unico bene immobile al di fuori dello stato membro dove lo stesso soggetto risiede, non è di per sé sufficiente a confutare la presunzione di cui all’articolo 3, paragrafo 1, comma IV del Regolamento 2015/848.
In buona sostanza il luogo di residenza abituale prevale ancora rispetto a singoli beni (anche se proprio questi hanno causato di fatto il dissesto economico) situati in altri Stati dell’Unione.
Questa importante decisione conferma la tendenza della Corte di Giustizia a prevenire ed evitare un forum shopping pretestuoso e fraudolento nell’ambito delle procedure transfrontaliere di insolvenza (ma non solo).