– di Niccolò Poli.
La Terza Sezione della Suprema Corte Civile con la sentenza n. 22520/2019 torna su un tema molto dibattuto sia in giurisprudenza che in dottrina: gli effetti del procedimento penale in ambito civile.
Il caso prende le mosse dalla sentenza della Cassazione Penale che, pur confermando la non colpevolezza del medico per carenza di prove, cassava la sentenza della Corte d’Appello Penale in merito alla domanda promossa dal danneggiato (costituitosi parte civile) e rinviava alla Corte d’Appello Civile, la quale invece condannava il medico al pagamento del risarcimento del danno ritenendolo civilmente responsabile.
Avverso tale sentenza il medico ricorreva in Cassazione eccependo l’errata applicazione da parte dei giudici d’appello delle regole del procedimento civile. La Suprema Corte non ha accolto il ricorso.
Nel corpo della sentenza, dopo aver analizzato le varie ripercussioni processuali del rapporto dei due differenti giudizi (basti notare il favor rei intrinseco al procedimento penale rispetto ai casi di responsabilità oggettiva del giudizio civile o ai differenti limiti di acquisizione delle prove nei due differenti giudizi), i Giudici della Terza Sezione affermano, abbracciando una recente corrente giurisprudenziale in tema, che “il giudizio in sede civile conseguente alla cassazione della sentenza penale sia autonomo sostanzialmente e funzionalmente da quello penale e legato ad esso solo dal punto di vista formale”…“non essendo più in discussione i temi centrali del giudizio penale, quali la sussistenza del fatto, la sua illiceità e l’attribuibilità all’imputato, l’ulteriore svolgimento del giudizio davanti al giudice civile si configura come prosecuzione solo formale del processo penale, giacché presenta quell’autonomia strutturale e funzionale che concretizza la scissione tra le materie oggetto del giudizio, con la restituzione dell’azione civile alla giurisdizione cui essa naturalmente compete”.
A detta degli Ermellini pertanto nel giudizio di rinvio non essendovi più spazio di intervento del giudice penale, il seguito del giudizio “appartiene al giudice civile, alla sua competenza ed alle regole proprie del processo civile”.
Quanto sopra comporta pertanto che:
- l’individuazione della domanda risarcitoria e restitutoria – petitum e causa petendi – avviene sulla scorta della rappresentazione del danneggiato costituitosi parte civile ciò comportando che i fatti costitutivi della domanda non siano gli stessi del fatto reato e che perciò possano essere oggetto di diversa valutazione;
- i canoni probatori applicabili siano quelli del giudizio civile, sia relativamente al nesso di derivazione causale, essendosi reciso il legame con la fase penale, sia in merito all’elemento soggettivo dell’illecito civile che, sganciato da quello accertato con diversa finalità in sede penale, può essere accertato secondo i criteri tipici del procedimento civile;
- il titolo di responsabilità possa essere oggetto d’ufficio di una diversa qualificazione dei medesimi fatti costitutivi posti a fondamento dell’atto di costituzione parte civile;
- le cause di esclusione della punibilità e le esimenti non producano effetti preclusivi sulla domanda risarcitoria (come risulta anche dalla legge Gelli Bianco).
Consci di questa dicotomia tra giudizio penale e giudizio civile lo studio legale DusiLaw ha configurato al suo interno un team interdisciplinare, in ambito di responsabilità medica, composto da professionisti esperti sia in ambito civile sia in ambito penale proprio al fine di scongiurare eventuali pericoli che erroneamente si ritenevano evitati.