– di Mario Dusi.
Con una lunga ed articolata motivazione la Corte di Cassazione a Sezioni Unite Civili, con sentenza depositata il 31 gennaio 2019 numero 2840/2019, finalmente (verrebbe da dire) affronta una tematica mai valutata dal legislatore italiano in tema di ingiunzioni europee, ai sensi del Regolamento CEE 1896/2006.
La citata normativa UE regolamenta la modalità di proporre la richiesta monitoria con meccanismi molto semplici, sostanzialmente con delle mere dichiarazioni del presunto creditore (con modalità assolutamente differenti rispetto al decreto ingiuntivo italiano) per poi disciplinare, in modo altrettanto informale, la facoltà di opporsi da parte del presunto debitore mediante la semplice compilazione di un modulo (da trasmettere alla Cancelleria del Giudice emittente il decreto) in cui quest’ultimo si dichiara contrario alla pretesa avversa.
Il Regolamento prevede proprio nel caso di opposizione (a norma dell’articolo 16) che, nella misura in cui all’atto della istanza il presunto creditore abbia già avanzato espressa richiesta di proseguire nelle proprie pretese, queste vengano avanzate secondo il procedimento ordinario.
Come noto il Parlamento italiano non ha dettato una specifica disciplina sulla modalità di prosecuzione di giudizi di questo tipo, peraltro prevista dallo stesso Regolamento in modo autonomo per i singoli Stati Membri (i cui passaggi determinanti a tali fini sono l’articolo 17 ed il considerando numero 24), lasciando quindi sino ad oggi ai giudici italiani, di volta in volta, l’onere di decidere su ogni singolo caso.
Queste decisioni nel nostro sistema di diritto (negli ultimi anni) sono state particolarmente contraddittorie, motivo per il quale le Sezioni Unite si sono trovate a dover far chiarezza, con la decisione qui commentata.
Ai sensi della medesima, la Suprema Corte indica che compete al Giudice italiano che ha emesso l’ingiunzione (all’atto della comunicazione da parte della Cancelleria al creditore della proposizione della opposizione) fissare un termine al presunto creditore, invitandolo ad introdurre l’azione ordinaria, secondo la disciplina processuale che il creditore individuerà in base al codice di rito ed alla natura della situazione giuridica creditoria azionata.
Prosegue la Suprema Corte indicando che il Giudice naturalmente non deve individuare tale meccanismo, affermando altresì due aspetti determinanti ai fini delle norme in gioco, ossia che:
- “L’inosservanza del termine dettato dal Giudice sarà regolata dal secondo inciso del 3° comma dell’articolo 307 c.p.c. e produrrà l’estinzione del giudizio”.
- “Per l’effetto della prosecuzione del giudizio, con la forma di introduzione dell’azione individuata dal creditore, la litispendenza resterà ricollegata alla proposizione, cioè al deposito della domanda di ingiunzione europea”.
Questa decisione finalmente porta chiarezza in una tematica davvero delicata, che negli ultimi anni ha assunto un maggior ruolo, proprio in forza dei commerci internazionali e del sempre maggior sviluppo in tema di spazio giuridico europeo.