– di Mario Dusi.
Con sentenza dell’11 luglio 2018 (numero 18266) la Suprema Corte si è addentrata nella tematica relativa agli anticipi provvigionali – che spesso vengono pattuiti tra Preponente e Agente – ed al loro termine di prescrizione in caso di risoluzione del rapporto tra le parti.
Gli Ermellini hanno concentrato le loro valutazioni sull’articolo 2033 del codice civile e sulla qualifica del termine “pagamento” (in un contratto di agenzia), ben individuando il fatto che il meccanismo contrattuale così predisposto contempera l’interesse dell’Agente ad evitare l’alea di una ridotta capacità produttiva e quello della Preponente a fissare (tendenzialmente) la misura dei compensi provvigionali.
Quando intervenga l’anticipata risoluzione del contratto detti pagamenti risultano privi di una giusta causa, cioè di un valido titolo giustificativo. Pertanto nei casi in cui sia stato eseguito – dopo il venir meno della causa del pagamento, per effetto dell’anticipata risoluzione del rapporto – il diritto soggettivo alla restituzione delle somme versate (quale compenso per affari non conclusi) la pretesa di restituzione non deriva dal contratto di Agenzia (che determinerebbe un regime prescrizionale quinquennale), bensì dal già nominato articolo 2033 del Codice Civile e pertanto la suddetta pretesa verrà sottoposta alla prescrizione decennale.
Anche questa tematica va tenuta in debita considerazione in occasione della stipula di contratti di agenzia nazionali o internazionali (sottoposti alla legge italiana), materia quotidianamente affrontata da questo studio.