– di Mario Dusi.
Con la sentenza n. 27944 del 23 settembre 2022, la Corte di Cassazione ha chiarito alcuni aspetti in tema di interruzione della prescrizione in forza di un atto introduttivo del giudizio.
Nel caso di specie, parte ricorrente aveva depositato un ricorso per decreto ingiuntivo, cui era stato assegnato un numero “sezionale”, in attesa che la cancelleria provvedesse all’iscrizione a ruolo del fascicolo.
Secondo la difesa (che contestava la richiesta di intervenuta prescrizione a cui invece veniva opposta un’interruzione in forza di atto introduttivo del giudizio), non era prevista, fino al momento dell’emissione del decreto, nessun’altra attività di impulso del creditore per far valere il proprio diritto: di conseguenza, non si doveva penalizzare quest’ultimo per un’azione di impulso che spettava all’ufficio.
Il motivo è stato dichiarato inammissibile.
La Corte ha sottolineato come il principio, sancito dall’art. 2943 del Codice Civile, secondo cui la prescrizione viene interrotta dalla notificazione dell’atto con il quale si inizia un giudizio, stabilisca una indubbia connessione tra l’effetto interruttivo e la natura recettizia dell’atto: la mancata introduzione nella sfera giuridica del destinatario dell’atto, pertanto, non consente a quest’ultimo di produrre l’effetto citato.
Di conseguenza, il solo deposito del ricorso monitorio nella cancelleria del Giudice di Pace, prima e indipendentemente dalla sua notifica unitamente al decreto ingiuntivo, non poteva, secondo gli Ermellini, essere ritenuto idoneo a produrre il dedotto effetto interruttivo.
Il fatto che il tempo decorso dal (presunto) effettivo deposito del ricorso e la sua successiva iscrizione a ruolo fosse addebitabile esclusivamente all’inerzia e alla cattiva organizzazione dell’ufficio, non è, a detta della Suprema Corte, rilevante, dal momento che tale circostanza non avrebbe impedito al creditore ingiungente di notificare un altro diverso atto, idoneo nelle more a interrompere la prescrizione.