– di Mario Dusi.
Con la sentenza 18413 del 15 febbraio 2022, la Suprema Corte ha nuovamente identificato con precisione gli elementi della responsabilità ex D.lgs. 231/2001, soffermandosi soprattutto sulla tematica della inesistenza del MOG.
Chi segue dagli albori questa materia sa che le prime interpretazioni al riguardo erano univoche: ASSENZA DI MOG = RESPONSABILITÀ 231!
La interpretazione della Suprema Corte si è affinata negli anni e con la sentenza sopra menzionata gli Ermellini affermano alcuni importantissimi concetti.
In primo luogo, viene confermato che, ai fini dell’imputazione all’ente dell’illecito penale (realizzato nel suo ambito operativo), è necessario “che sussista la c.d. ‘colpa di organizzazione’ dell’ente, il non avere cioè predisposto un insieme di accorgimenti preventivi idonei ad evitare la commissione di reati del tipo di quello realizzato”.
In particolare, l’accusa ha l’onere di provare l’esistenza dell’illecito penale in capo alla persona fisica inserita nella compagine organizzativa dell’ente e che lo stesso abbia agito nell’interesse dell’ente: una volta accertata la sussistenza dell’illecito ed individuati “precisi canali che colleghino teleologicamente l’azione dell’uno all’interesse dell’altro”, la responsabilità si estende automaticamente dall’individuo all’ente.
In secondo, ed ancor più importante, luogo, la Suprema Corte precisa che: “La mancata adozione e l’inefficace attuazione degli specifici modelli di organizzazione e di gestione prefigurati dal legislatore […] non può assurgere ad elemento costitutivo della tipicità dell’illecito dell’ente ma integra una circostanza atta ex lege a dimostrare che sussiste la colpa di organizzazione, la quale va però specificamente provata dall’accusa, mentre l’ente può dare dimostrazione della assenza di tale colpa.
Pertanto, l’assenza del modello, la sua inidoneità o la sua inefficace attuazione non sono ex se elementi costitutivi dell’illecito dell’ente. Tali sono, oltre alla compresenza della relazione organica e teleologica tra il soggetto responsabile del reato presupposto e l ’ente (cd. immedesimazione organica ‘rafforzata’), la colpa di organizzazione, il reato presupposto ed il nesso causale che deve correre tra i due.”
Per la sussistenza dell’illecito, pertanto, non è sufficiente la mancanza del modello organizzativo: è necessario che la Procura dimostri l’esistenza di una “colpa di organizzazione” dell’ente.
Infine la Corte ricorda come, ai sensi dell’art. 6 del D.lgs. 231/2001, i compiti dell’Organismo di Vigilanza non siano “incardinati nel sistema di gestione della sicurezza”, ma “essenzialmente quelli di sorvegliare e verificare regolarmente la funzionalità e l’osservanza dei modelli organizzativi”.
Con ciò anche le responsabilità in capo all’OdV vengono delineate con estrema precisione.