– di Mario Dusi.
Con l’ordinanza del 28 gennaio 2022, n. 2666, la Corte di Cassazione ha ribadito il principio secondo cui la produzione in giudizio da parte dell’attore di un documento contrattuale (di cui intende avvalersi), che sia stato sottoscritto solo dal convenuto, integra una manifestazione di volontà inequivoca di usufruire del negozio contenuto nel contratto, e sana (pertanto) la mancanza della sottoscrizione dell’attore.
Tuttavia, questo meccanismo decisionale, nell’ipotesi di contratto per adesione, non può surrogare la mancanza del requisito della specifica approvazione per iscritto, necessaria ai fini dell’efficacia delle clausole compromissorie e delle deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria, ai sensi dell’art. 1341, secondo comma, del Codice Civile.
Il deposito dell’atto in tribunale, di conseguenza, non consente al convenuto di ritenere provata un’eccezione d’incompetenza relativa alla clausola compromissoria di devoluzione agli arbitri contenuta nel contratto.
Nel caso in esame, l’attrice ha proposto ricorso per regolamento di competenza avverso la sentenza del Tribunale: il giudice di primo grado aveva, infatti, declinato la propria competenza in favore di quella arbitrale, sulla base delle clausole in tal senso contenute nei contratti.
Sebbene la società ricorrente avesse disconosciuto le sottoscrizioni sui contratti, in quanto apposte da soggetti non abilitati a impegnarla, il Tribunale aveva ritenuto applicabile il principio del riconoscimento tacito, realizzato attraverso la produzione in giudizio dei contratti stessi in cui venivano richiamate le clausole vessatorie.
La produzione in giudizio di una scrittura privata costituisce equipollente della mancata sottoscrizione contestuale e perfeziona pertanto il contratto (sul piano sia sostanziale sia probatorio): come ribadito dalla Corte, ciò è valido in linea di principio, ma trova tuttavia dei limiti.
La produzione in giudizio del contratto è sì idonea a costituire il consenso del soggetto che vi provvede, ma solo nella misura in cui tale soggetto abbia effettivamente dichiarato l’intento di avvalersi di tutto il contenuto negoziale del documento nei confronti del suo autore.
Nel caso in esame, la Corte ha ritenuto che, con la produzione in giudizio dei contratti, la ricorrente abbia avuto l’intento di far valere le obbligazioni in essi contenuti e non anche quello di avvalersi della clausola compromissoria, clausola espressamente negata, dal momento che la stessa ha adito il giudice ordinario e non gli arbitri.
Pertanto, la Corte di Cassazione, nel concludere che la produzione in giudizio del contratto non sana la clausola vessatoria sulla devoluzione agli arbitri, ha accolto il ricorso e dichiarato la competenza del tribunale.