– di Mario Dusi.
La giurisprudenza è stata a lungo divisa sulla questione di quale parte processuale avesse l’onere di avviare la mediazione obbligatoria nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo: chi sosteneva che tale onere dovesse gravare sul debitore opponente (e, in caso di inadempimento, il decreto ingiuntivo si sarebbe cristallizzato), chi, invece, affermava che l’onere gravasse sul creditore opposto (e, in caso di inadempimento, il decreto ingiuntivo sarebbe stato soggetto a revoca).
La Corte di Cassazione si era pronunciata, con la sentenza n. 24629/2015, a favore del primo orientamento, secondo il quale l’obbligo di promuovere la mediazione era del debitore opponente. Tuttavia, con la successiva sentenza n. 19596/2020, la Suprema Corte a Sezioni Unite si è pronunciata in senso contrario, attribuendo tale onere al creditore opposto, con conseguente revoca del decreto ingiuntivo in mancanza di mediazione.
La questione, ora, riguarda la decisione sulla remissione in termini o meno delle parti: a seguito del cambio di interpretazione da parte della Cassazione, i creditori stanno chiedendo ai giudici la concessione della rimessione in termini al fine di esperire la mediazione, sulla base del principio del prospective overruling: tuttavia la giurisprudenza non è univoca sul tema.
Tra le pronunce che hanno negato la rimessione in termini vi è la recente sentenza n. 932 del 4 ottobre 2021 del Tribunale di Frosinone: il giudice ha respinto la richiesta della parte creditrice, affermando che non si era mai formato un orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità sugli effetti del mancato esperimento della mediazione obbligatoria in caso di opposizione a decreto ingiuntivo, tale da indurre a un ragionevole affidamento delle parti, per cui la soluzione adottata da ultimo dalla Suprema Corte non può ritenersi imprevedibile o inattesa.
I giudici di merito favorevoli alla concessione della rimessione in termini (Tribunale di Napoli Nord, ordinanza del 3 dicembre 2020; Tribunale di Salerno, ordinanza del 27 maggio 2021) hanno evidenziato come, al contrario, l’orientamento della giurisprudenza di legittimità fosse stato granitico fino alla sentenza n. 19596/2020 della Corte di Cassazione: la direzione presa da tale pronuncia, pertanto, rappresenterebbe una novità mai presente prima d’allora nell’interpretazione della Corte stessa, e, dunque, un mutamento imprevedibile della giurisprudenza di legittimità. La mancata promozione entro il termine di decadenza della mediazione obbligatoria da parte della parte creditrice opposta non sarebbe a quest’ultima imputabile; la rimessione dei termini, perciò, dev’essere concessa.
Pertanto (e purtroppo) la nostra Suprema Corte non aiuta a fare chiarezza e persiste nel mutare (molto spesso) interpretazione su singole questioni procedurali; ciò porta ad un inevitabile allungamento dei giudizi e crea incertezze che a loro volta comportano l’allontanamento di investitori italiani ed internazionali dal nostro sistema paese.