– di Mario Dusi.
Si susseguono sentenze emesse in tema di applicazione del D.Lgs. 231/2001 volte, di fatto, ad un ampliamento della responsabilità e/o delle sanzioni patrimoniali in capo alle società, in caso di mancato rispetto della suddetta normativa.
Con sentenza depositata in data 29 gennaio 2021 il Tribunale di Lecce (ad esempio) ha dato il via libera alla richiesta di risarcimento avanzata dai danneggiati (forzando le interpretazioni di alcuni articoli della norma), concedendo la costituzione di parte civile in quel giudizio; il tutto applicando l’articolo 2049 del Codice Civile (in tema di responsabilità solidale per il fatto altrui) ed identificando così la responsabilità civilistica nel caso di specie.
Dall’altro lato, invece, si legge (sulle più importanti riviste in materia) che (ben noti) magistrati inquirenti, viceversa mirano ad una riforma della responsabilità che di fatto limiti – nel campo specifico dei reati fiscali, di cui all’elenco dei reati presupposto del D.Lgs. 231/2001 – l’applicazione della medesima norma quando vi è una condotta riparatoria da parte del contribuente, acciocchè si possa tutelare la società (che appunto rimedia all’illecito stesso).
Il tutto fondato su una facile equiparazione (e parallelo) tra la condotta riparatoria del contribuente (nel campo degli illeciti fiscali) che elide la responsabilità della persona fisica, mentre ad oggi parrebbe che il medesimo comportamento della persona giuridica non porti allo stesso risultato.
In buona sostanza vi sono sempre più voci che (probabilmente), resesi conto della effettiva difficoltà con la quale l’applicazione della norma limita l’attività imprenditoriale, vorrebbero da un lato la normativizzazione obbligatoria (ad esempio) dei modelli organizzativi e dall’altra la limitazione delle sanzioni (e in talune occasioni anche delle sanzioni interdittive), affinché il mercato non venga definitivamente limitato in questi periodi di notevole difficoltà, anche in forza del Covid 19.