– di Mario Dusi.
Con ordinanza numero 22903/2019 la Suprema Corte di Cassazione (I Sezione Civile) ha ben indicato come il rapporto di intestazione fiduciaria di partecipazioni societarie sia qualificabile come mandato senza rappresentanza e regoli esclusivamente i rapporti tra fiduciante e fiduciario restando del tutto irrilevante nei confronti della società e degli altri soci.
Il caso affrontato era una controversia fra marito e moglie che una delle parti intendeva portare avanti ad un collegio arbitrale, a fronte della classica clausola compromissoria dello statuto.
Nel giudizio, inizialmente pendente avanti al Tribunale di Firenze (Sezione Specializzata in materia di impresa), si discuteva della (peraltro tardiva!) eccezione – in forza della clausola compromissoria nello statuto della società – relativa alla sussistenza della competenza arbitrale per deliberare sulla proprietà di quote societarie; le parti dopo una prima sentenza favorevole alla “arbitrabilità” giungevano, per regolamento di competenza, avanti la Suprema Corte.
Quest’ultima acclarava (nel caso specifico) che era comunque da escludersi la possibilità di ritenere devoluta alla competenza degli arbitri la domanda “proposta dalla ricorrente la quale – pur avendo ad oggetto l’accertamento della titolarità effettiva della partecipazione sociale fatta valere da un socio nei confronti dell’altro socio – non trova la sua causa petendi nel contratto sociale”.
Gli ermellini indicavano pertanto come la pretesa sulla restituzione effettiva della proprietà dei titoli non poteva trovare fondamento nel contratto sociale; più precisamente veniva statuito che:
“Il titolo del rapporto interno tra fiduciante e fiduciario si configura come presupposto, estraneo alla materia del contendere sociale e quindi inidoneo a giustificare la riconduzione della controversia alla competenza degli arbitri”.
Questo importante precedente è da tenere in debita considerazione in tutti quei casi di controversie di intestazione fiduciaria di quote di società (e da una recente esperienza sul campo si è evinto che sono numericamente davvero tanti i casi analoghi!), onde evitare di incorrere nell’errore di adire – in forza della tipica clausola compromissoria statutaria – il Collegio Arbitrale, che viceversa secondo questo dettame è sfornito di competenza.
Il tutto naturalmente fatto salvo un possibile espresso accordo tra le parti per ampliare la clausola compromissoria e sottoporre al Collegio anche tale aspetto del rapporto conflittuale, che non risulta rientrare nei diritti indisponibili e pertanto comunque sottoponibile agli arbitri.