– di Mario Dusi.
Il tema del transfer price è fortemente sentito a livello UE, stante il grande numero di società che operano, anche attraverso succursali, su tutto il territorio europeo.
Con sentenza dell’8 ottobre 2020 (in causa C-558/19) la Corte di Giustizia ha esaminato il caso della impresa italiana Pizzarotti & C. S.p.A. e della sua succursale in Romania; quest’ultima aveva mutuato parecchi danari alla casa madre con un tasso d’interesse sostanzialmente nullo ed era stata pertanto richiesta dalle Autorità fiscali rumene di pagare una importante tassazione al riguardo.
L’impresa italiana aveva contestato allo Stato rumeno che i trasferimenti di risorse finanziarie tra una succursale stabilita in uno Stato Membro e la società madre (stabilita in un altro Stato Membro) costituiscono operazioni che vengono qualificate e sottoposte alle norme in materia di prezzi di trasferimento, mentre le medesime prescrizioni non sono applicate nel caso in cui la succursale e la società madre siano stabilite nel territorio del medesimo Stato Membro. Sostanzialmente la ricorrente contestava restrizioni sulla libertà di stabilimento e sulla libera circolazione dei capitali all’interno della UE.
Dopo approfondita analisi della Corte di Giustizia, con riferimento a parecchi precedenti tra cui il caso Hornbach-Baumarkt (sentenza C-382/16 che ha di fatto imposto al fisco tedesco l’aggiornamento della propria prassi nella valutazione delle ragioni commerciali che possono giustificare transazione a condizioni diverse da quelle di mercato nel caso in cui queste operazioni siano limitate a evitare l’indebitamento eccessivo o addirittura l’insolvenza della società controllata) la Corte di Giustizia ha di fatto affermato alcuni importanti principi.
Innanzitutto ha ritenuto che una normativa nazionale diretta ad impedire che utili generati in uno Stato Membro vengano trasferiti al di fuori della giurisdizione tributaria del medesimo (naturalmente per mezzo di transazioni non conformi alle condizioni di mercato, senza essere sottoposte tassazione) sia idonea ad assicurare il mantenimento della ripartizione del potere impositivo tra gli Stati Membri.
Dall’altro ha individuato come la misura fiscale correttrice debba – se del caso -limitarsi alla frazione che supera ciò che sarebbe stato convenuto in mancanza di una situazione di interdipendenza tra le società, che hanno operato lo scambio economico, laddove il medesimo fosse stato svolto in condizioni di piena concorrenza.
Infine la decisione asserisce che il contribuente deve avere sempre la possibilità di dimostrare che esistevano ragioni obiettive per la conclusione della transazione ad un prezzo che non rispecchiava il prezzo di mercato, di fatto aprendo alla possibilità che certe operazioni possano essere giustificate da ragioni commerciali legittime, anche in ambito crossborder, all’interno di un gruppo societario.
Di queste tematiche Dusilaw si occupa da anni ai fini della maggior tutela delle operazioni internazionali e delle attività crossborder delle aziende in Europa.