– di Fabrizio Angella.
Il ricorso cautelare d’urgenza impedisce la decadenza dell’impugnazione del licenziamento o del trasferimento, non differentemente dal ricorso ordinario e dal tentativo di conciliazione.
E’ questo quanto stabilito dalla sentenza n.212 del 2020 della Corte costituzionale pubblicata il 14 ottobre, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 6, co. 2, della Legge n. 604/1966 (Norme sui licenziamenti individuali), nella parte “in cui non prevede che l’impugnazione stragiudiziale è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di 180 giorni, oltre che dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, anche dal deposito del ricorso cautelare ante causam ai sensi degli articoli 669-bis, 669-ter e 700 c.p.c.”
La questione di legittimità costituzionale era stata sollevata dal Tribunale di Catania, Sezione lavoro, nel caso di un lavoratore che aveva opposto ricorso d’urgenza contro il trasferimento disposto dal datore di lavoro (nella sede di un’altra regione), senza pero’ promuovere anche il giudizio di merito previsto per impedire la decadenza dall’impugnazione.
La Corte Costituzionale ha ritenuto effettivamente irragionevole che la proposizione del ricorso cautelare non possa impedire la decadenza dall’impugnativa del provvedimento datoriale e richieda invece il “raddoppio ” dell’azione del lavoratore ad evitare la decadenza.
A seguito della pronuncia della Consulta, il Tribunale di Catania potrà quindi decidere nel merito se l’impugnazione proposta in via cautelare dal lavoratore sia fondata o meno, pronuncia che sarebbe stata invece preclusa se fosse scattata la decadenza.
La norma dichiarata incostituzionale dovrà quindi essere modificata in sede legislativa in tempi rapidi, e, nell’attesa, faranno testo le pronunce della giurisprudenza che si adegueranno alla statuizione della Consulta.
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