– di Gabriella Crosariol.
In un caso di morte nel corso dello svolgimento di un giudizio di una persona anziana che aveva già abbondantemente superato il limite italiano dell’aspettativa di vita media, la Cassazione con sentenza N. 12913/20 del 04.02.2020, ha commisurato l’entità del danno alla durata della vita effettiva ed al valore monetario “pro die” della “inabilità temporanea assoluta“, incrementato nella misura massima del 50%, avuto riguardo alla enorme dimensione della intensità ed entità del danno: è stato così escluso il riferimento alle tabelle previste per la invalidità permanente.
Nello specifico si trattava di una persona anziana (87 anni) nel momento del sinistro, che aveva già superato l’aspettativa di vita media (al tempo per l’Italia indicata in 82,5 anni), investita in un sinistro stradale. La morte è avvenuta dopo un periodo di coma durato circa 3 anni e non è stata ritenuta eziologicamente riconducibile al fatto lesivo.
La Corte di Appello di Ancona aveva rideterminato la quantificazione del risarcimento “iure hereditatis”, utilizzando come criterio di liquidazione del danno biologico “l’effettiva durata della vita” della persona offesa (deceduta a 90 anni nel corso del giudizio di appello), anziché i valori tabellari corrispondenti al 100% di invalidità permanente, prendendo quindi come riferimento il valore massimo giornaliero corrispondente alla “inabilità temporanea assoluta”, ed adeguando tale importo alla situazione di coma e quindi l’intensità ed entità del danno per il periodo del coma, nonché applicando l’aumento massimo di personalizzazione al 50%. L’importo è poi stato moltiplicato per il numero di giorni in cui la danneggiata è rimasta in vita, ovvero 810 giorni (tra la data del sinistro e l’evento morte).
L’importo così liquidato è risultato decisamente inferiore (Euro 182.250), rispetto a quello liquidato in prima istanza, dove erano state utilizzate le tabelle di invalidità permanente (Euro 595.276,17)!
La Corte di Cassazione (qui commentata) ha poi ricordato che il principio delle tabelle del danno biologico consiste nell’individuare i “parametri ravvisabili esclusivamente per la quantificazione del danno biologico da invalidità permanente e temporanea, secondo il valore del punto-base, con incremento progressivo in relazione al grado di invalidità e riduzione decrescente in funzione dell’età, secondo la diminuzione dell’aspettativa di vita.“
In secondo grado era stato utilizzato un criterio di liquidazione equitativa (inabilità temporanea assoluta) al posto di quello tabellare (invalidità permanente), trascurando l’elemento cronologico della durata effettiva della vita della danneggiata.
La Suprema Corte ha chiarito che “la determinazione del risarcimento dovuto a titolo di danno biologico “iure hereditatis’” nel caso in cui il danneggiato sia deceduto dopo un apprezzabile lasso di tempo dall’evento lesivo, va parametrata alla menomazione dell’integrità psicofisica patita dallo stesso per quel determinato periodo di tempo, con commisurazione all’inabilità temporanea da adeguare alle circostanze del caso concreto, tenuto conto del fatto che, detto danno, seppure temporaneo, ha raggiunto la massima entità ed intensità, senza possibilità di recupero, atteso l’esito mortale.”
La Suprema Corte ha pertanto ribadito i seguenti principi:
- L’ammontare del danno va commisurato alla durata della vita reale del soggetto, piuttosto che all’aspettativa (ipotetica) di vita media.
- La quantificazione del danno biologico secondo i valori tabellari della “invalidità permanete”, o della “inabilità temporanea” e l’utilizzo di varie tabelle (es. Milano, Roma, etc.), rientrano nella discrezionalità del giudice, il quale deve tuttavia motivare la propria decisione.
- Il risarcimento del danno deve essere sempre commisurato al ristoro del danno effettivamente subito, senza per questo creare un arricchimento ingiustificato.
- In caso di morte, per motivi eziologicamente non riconducibili al sinistro, non si utilizzano le tabelle del danno biologico permanente (basato sul un calcolo di aspettativa di vita media), bensì si attribuiscono, quale risarcimento agli eredi ius heredeitatis, i valori riferiti all’inabilità temporanea assoluta (con il massimo aumento di personalizzazione al 50% nel caso di coma), moltiplicando tale valore giornaliero per la durata del coma, fino all’evento morte.