– di Niccolò Poli.
La Suprema Corte torna in tema di soccombenza di spese ed obbligo di copertura da parte dell’assicuratore.
La Corte chiaramente definisce le tre tipologie di spese processuali cui può incorrere un assicurato contro i rischi della responsabilità civile che commetta un fatto illecito da cui scaturisca un giudizio:
- le spese di soccombenza: ossia quelle dovute alla controparte;
- le spese di resistenza: ossia quelle sostenute per remunerare il proprio difensore;
- le spese di chiamata in causa: ossia quelle sostenute per convenire in giudizio la compagnia di assicurazioni.
La Suprema Corte, con la Sentenza n18076/2020, chiarisce come le prime debbano essere ripetute nel limite del massimale di polizza mentre le seconde, rientrati nel genus delle spese di salvataggio di cui all’articolo 1914 C.c. (che impone all’assicurato di fare quanto possibile per ridurre od evitare il danno) possano anche eccedere il limite del massimale sino al limite di cui all’articolo 1917, 3° comma, Cod. Civ. (norma inderogabile ex art. 1932 C.c.), ossia sino al limite del quarto del massimale di polizza.
Per quanto attiene invece le spese di chiamata le medesime seguiranno la disciplina delle comuni spese processuali di cui agli artt. 91 e 92 c.p.c.
Pertanto, la Suprema Corte, cassando con rinvio ha enunciato il seguente principio di diritto:
“L’assicurato contro i rischi della responsabilità civile ha diritto di essere tenuto indenne dal proprio assicuratore delle spese processuali che è stato costretto a rifondere al terzo danneggiato, entro i limiti del massimale; nonché delle spese sostenute per resistere alla pretesa di quegli, anche in eccedenza rispetto al massimale, purché entro il limite stabilito dall’art. 1917, comma terzo, cod. civ.”