– di Mario Dusi, Laura Basso, Fabrizio Angella e Chiara M. Magalini
Le problematiche, i rischi ed i danni conseguenti all’epidemia dei giorni nostri impongono una necessaria e profonda riflessione, in capo sia ai lavoratori, sia ai datori di lavoro, sulla modalità di svolgimento dell’attività lavorativa che, tanto più in futuro, dovrà realizzarsi garantendo la soddisfazione delle seguenti principali necessità: migliore tutela della salute individuale, gestione delle esigenze familiari, performance lavorativa in rapporto alle mansioni ed al compenso pattuito, contenimento dei costi aziendali.
In tale ottica, lo strumento aziendale ad oggi in grado di favorire il raggiungimento dei sopra elencati obiettivi appare, con tutta evidenza, lo smart working.
Cosa si intende per smart working?
L’art. 18 della legge n. 81/2017 lo definisce una “modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici. Inoltre, “la prestazione lavorativa viene eseguita in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva”.
Si tratta di un modello di regolamentazione del rapporto di lavoro subordinato che differisce dal “telelavoro”, il quale, con riguardo ai lavoratori del settore privato, è invece disciplinato dall’Accordo interconfederale del 09.06.2004, che regolamenta, tra le altre, la possibilità, per i datori di lavoro ed i lavoratori, di accordarsi, fin dall’assunzione o successivamente, per lo svolgimento dell’attività lavorativa al proprio domicilio.
Mediante lo smart working, invece, viene attribuita al lavoratore la possibilità di svolgere l’attività lavorativa anche fuori dai locali dell’azienda, senza una postazione fissa: l’azienda rimane comunque la sede principale di lavoro, per effetto della sottoscrizione di una “integrazione al contratto di lavoro già in essere” oppure, nel caso di nuovi inserimenti di personale in azienda, prevedendo i termini e le condizioni di detta modalità di esecuzione della prestazione nel contratto di assunzione.
La regolamentazione del rapporto di lavoro con modalità “smart”, in termini di valutazione delle performance del lavoratore, formazione, premi ed incentivazioni rimane quella ordinaria prevista per il lavoro esclusivamente in sede, salvo specifici differenti accordi, in tal senso, tra le parti.
Cosa devono disciplinare le parti nella sottoscrizione di un contratto di smart Working?
- La durata dello smart working (a tempo determinato o indeterminato) e il diritto di recesso da detta modalità di lavoro.
- Le modalità di esecuzione della prestazione lavorativa, sia sotto il profilo della disciplina del potere direttivo del datore di lavoro, sia della regolamentazione in merito agli strumenti di lavoro da utilizzare (dell’imprenditore e/o personali del lavoratore e di quali “facilitazioni tecniche” l’imprenditore deve dotare il lavoratore), ed alle istruzioni per lo svolgimento della prestazione al di fuori dei locali aziendali.
- Le modalità di esercizio del potere di controllo del datore di lavoro.
- Le condotte che possono dar luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari.
- L’obbligo del datore di lavoro (per tutelare e garantire la sicurezza e la salute del lavoratore), di consegnare, almeno annualmente, un’informativa scritta contente i rischi specifici e generali connessi alla particolare modalità di svolgimento dell’attività lavorativa.
- L’obbligo di cooperazione a cui è tenuto il lavoratore ex art. 20 del D.Lgs. 81/2008 (Testo Unico in materia di Sicurezza sul Lavoro) nell’attuazione delle misure di prevenzione predisposte dall’imprenditore, per fronteggiare ed evitare i rischi connessi all’esercizio dell’attività lavorativa fuori dai locali d’azienda.
- Il diritto – dovere del lavoratore alla disconnessione.
Un importante aspetto da valutare in sede di accordo sullo smart working è relativo all’attenzione che deve essere prestata al fatto che non esiste in tali casi un luogo definito deputato per la prestazione dell’attività lavorativa, con inevitabili ricadute anche sugli aspetti di protezione del patrimonio informativo aziendale, oltre che di data protection (sia per gli obblighi del datore di lavoro come titolare, sia per i diritti del lavoratore come interessato).
Il datore di lavoro, pertanto, nell’affrontare la trattativa e la stesura dell’accordo di smart working con il lavoratore, dovrà mantenere alta l’attenzione sul fatto che la prestazione lavorativa resa fuori dai locali aziendali , senza una postazione fissa, implica il rischio di accesso ai dati aziendali e personali trattati dal lavoratore da parte di soggetti non autorizzati (banalmente sguardi od orecchie indiscreti in ambienti aperti e pubblici), oltre che di perdita o distruzione degli stessi. Pensiamo, ad esempio, al lavoratore in smart working al parco ovvero in questa fase emergenziale semplicemente sul balcone di casa o in presenza di familiari e conviventi “in ascolto”, anche involontario, oppure in un esercizio commerciale (McDonald’s, Starbucks, …) che renda disponibili connessioni wi-fi gratuite.
E’ allora di tutta evidenza che nell’accordo di smart working è indispensabile inserire anche pattuizioni, istruzioni e previsioni che, da un lato, tutelino il business (e la riservatezza e segretezza del patrimonio informativo aziendale che il lavoratore tratterà al di fuori degli uffici), e, dall’altro, non si potrà dimenticare la normativa sui controlli a distanza del lavoratore e i diritti alla privacy dello stesso.
Lo smart working comporta conseguenze sulla copertura assicurativa INAIL?
Considerato che la legge 81/2017 non prevede che il luogo di lavoro debba essere indicato in contratto (né che la prestazione venga svolta durante il normale orario di lavoro) e nel silenzio sul punto, anche del Ministero del Lavoro e dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, è intervenuta la circolare n. 48/2017 dell’INAIL, allo scopo di fornire indicazioni pratiche per consentire all’imprenditore di garantire la sicurezza sul “posto di lavoro” al dipendente, agevolando in tal modo la circoscrizione del relativo rischio. Consiglia, pertanto, l’INAIL, di stabilire contrattualmente il luogo e/o i luoghi di lavoro esterno/i all’azienda ove esercitare lo smart working, con ciò rendendo altresì edotte entrambe le parti contrattuali, dei termini e limiti della copertura assicurativa.
Il tutto, ai fini del rapido riconoscimento della prestazione infortunistica. Infatti, in mancanza di pattuizioni contrattuali relative al luogo di lavoro, diventa necessario effettuare specifici accertamenti per la verifica (in caso di sinistro o infortunio del lavoratore presso un indefinito luogo esterno all’azienda) della sussistenza dei presupposti fissati dal legislatore per accordare la tutela, e per l’accertamento che la prestazione svolta al momento dell’evento infortunistico sia strettamente correlata a quella lavorativa.
Al contempo, lo smart working non impatta in alcun modo sulla retribuzione imponibile ai fini del calcolo del premio assicurativo, attesa l’illiceità di ogni e qualsiasi discriminazione normativa (in termini di diritti dei lavoratori), o retributiva tra lavoratori “interni” ed “esterni”.
Quali sono gli ulteriori adempimenti obbligatori per l’impresa che adotta lo smart working?
Oltre all’obbligo di assicurare la tutela infortunistica ai fini INAIL, l’imprenditore è altresì tenuto a:
- comunicare, ex L. 608/1996 ed utilizzando la piattaforma informatica istituita presso il portale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il momento in cui il lavoratore opera in modalità smart working;
- approntare strumenti tecnologici e misure di sicurezza informatica, anche in un’ottica di protezione dati, a tutela dei dati aziendali trattati con i device aziendali e personali in uso ai lavoratori quali ad es. connessione da remoto sicura ai sistemi aziendali, presenza e aggiornamento dei software e di sistemi di intrusion detection, back-up, disaster recovery, stante l’utilizzo necessitato altresì di strumenti di collaborazione a distanza (condivisione file, conference call, ect.) che garantiscano altresì la privacy del lavoratore.
Quali sono i vantaggi per l’imprenditore? Innumerevoli e rilevanti!!
- Innanzitutto, l’opportunità di rivedere l’organizzazione aziendale per garantire la continuità di lavoro anche in situazioni di emergenza come quelle emerse in questi mesi. Inoltre, quella di impostare tutta l’organizzazione su obiettivi, favorendo tempi di reazione tempestivi e procedure per l’adozione delle decisioni snelle, realizzabili anche attraverso collaboratori opportunamente formati e motivati, oltre che adeguatamente responsabilizzati, anche nello scegliere luoghi di esecuzione dell’attività in linea con le politiche aziendali, sia in materia di salute e sicurezza sul posto di lavoro, che di rispetto di tutte le norme sulla privacy e sulla protezione dei dati (anche e soprattutto aziendali).
- Il risparmio di costi di riscaldamento, luce, buoni pasto, canoni di locazione di spazi non più necessari con le moderne modalità di svolgimento del lavoro, incluse sale riunioni e uffici dirigenziali, di consumo di attrezzature aziendali, di viaggio, di indennità di trasferte etc.
- La possibilità di accedere a finanziamenti pubblici, nazionali o locali, per l’acquisto di servizi di consulenza e formazione finalizzati all’adozione di un piano di smart working aziendale e/o per l’acquisto di strumenti tecnologici per l’attuazione di detto piano, in particolare per la sicurezza informatica.