– di Fabrizio Angella.
In questo momento il datore di lavoro può licenziare liberamente i propri dipendenti?
No. Il Decreto Cura Italia introduce limiti per un periodo di due mesi relativamente a due tipologie di licenziamento:
- quelli “collettivi”,
- e quelli c.d. per “giustificato motivo”.
Altri tipi di licenziamento non subiscono invece limitazioni, e possono essere quindi intimati (ad. es. quelli per giusta causa, giustificato motivo soggettivo, disciplinari…).
Stante i nuovi divieti di licenziamento, che cosa succede ora alle procedure di licenziamento individuale avviate prima del 23 febbraio?
La legge sul punto non è chiara a tale riguardo. Tuttavia, in base ad una interpretazione logica e razionale si può dire che i licenziamenti avviati ante 23 febbraio 2020, ma non perfezionatisi alla data di entrata in vigore del DL, debbono considerarsi sospesi fino allo spirare del termine di 60 giorni previsto dalla legge.
In futuro il datore di lavoro potrebbe ricorrere a licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, rappresentato dal calo di lavoro in questo periodo?
Si. La contrazione del lavoro dovuta all’attuale fenomeno di epidemia potrebbe rappresentare un fondato motivo inerente all’attività di impresa e al suo regolare svolgimento, tale da determinare legittimamente il ricorso a licenziamenti individuali per G.M.O. (L. 604/1966).
Esistono limiti in questo momento al licenziamento dei dirigenti?
No. Allo stato non risultano imposti limiti al potere di licenziare un dirigente.
Il rapporto di lavoro che intercorre con il dirigente è particolare e diverso rispetto a quello a quello di un normale altro dipendente.
Il motivo di licenziamento del dirigente riposa sul criterio della “giustificatezza”, ossia un canone che difetta della precisione e del rigore che caratterizza i licenziamenti degli altri lavoratori dipendenti.
Il datore di lavoro può in questo momento imporre le ferie ai propri dipendenti?
Si. Premesso che le ferie sono un diritto costituzionalmente garantito del lavoratore, e che il loro periodo di godimento viene definito dal datore di lavoro, nel particolare momento attuale di emergenza il datore può certamente imporre ai propri dipendenti le ferie maturate.
Altro discorso invece per quanto riguarda quelle maturande.
Il lavoratore può rifiutare di essere collocato in ferie?
No. Non può rifiutarsi di essere collocato in ferie, ed anzi, facendolo, potrebbe incorrere in provvedimenti disciplinari, non avendo rispettato una precisa disposizione aziendale.
Potrebbe contestare e impugnare questa decisione da parte dell’azienda, ad esempio perché, pur potendo lavorare in regime di smart working, si è visto invece imporre le ferie.
Il lavoratore può rifiutarsi di lavorare?
In linea generale può dirsi che il lavoratore non può rifiutarsi di svolgere le proprie mansioni, perché tanto costituirebbe un inadempimento contrattuale.
Tuttavia potrebbero sussistere motivi tali da determinare l’inesigibilità della prestazione, e quindi il legittimo rifiuto da parte del dipendente a prestare il proprio lavoro.
Si pensi, soprattutto in questo momento, alla tutela della sicurezza dei lavoratori sul posto di lavoro, e quindi agli obblighi imposti al datore ex art. 2087 C.C. e, più in particolare, alla specifica normativa di riferimento di cui al D.Lgs. 81/2008, che impone attualmente all’impresa un immediato aggiornamento del Documento Valutazione Rischi, con l’attivazione delle procedure previste anche dal D.Lgs 231/2001.
La contrazione da parte del lavoratore di infezione da Covid-19 può essere qualificata come incidente sul lavoro e/o in itinere?
L’articolo 42 del Decreto Cura Italia stabilisce che è considerato infortunio sul lavoro il contagio avvenuto “in occasione di lavoro”, ossia, non solo sul luogo di lavoro (azienda, ufficio, cantiere, ecc.) ma anche in altre situazioni riconducibili all’espletamento del rapporto di lavoro, e quindi anche nel tragitto casa-lavoro e viceversa (c.d. infortunio in itinere), o in trasferta di lavoro, e in ogni altra situazione di lavoro. In queste occasioni (che devono ovviamente essere comunicate all’Istituto in via telematica dal medico accertatore), il dipendente ha diritto alle tutele INAIL anche per il periodo di quarantena.
La norma si applica ai datori di lavoro pubblici e privati, con esclusione invece dei lavoratori autonomi.
In caso di necessitata interruzione dell’attività d’impresa, la normativa in vigore consente l’accesso ad ammortizzatori sociali?
Si. La legge prevede la possibilità del ricorso a vari strumenti di integrazione salariale. Ad esempio la legge prevede espressamente che, relativamente alla Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria, si possa attivarla ora tramite una particolare causale “Emergenza Covid-19”, ma, al contempo, bisogna precisare che una CIGO già in fase di godimento non può essere interrotta per accedervi con la predetta nuova causale.
Tale possibilità è viceversa concessa dalla legge in caso di Cassa Integrazioni Guadagni Speciale -CIGS-.
Come si vede, quella del ricorso agli ammortizzatori sociali è una tematica di particolare complessità, che richiede maggior approfondimento e sviluppo in riferimento alle singole imprese.
Se in questo momento l’attività d’impresa venisse interrotta con richiesta di fruizione di Cassa Integrazione Guadagni, ne beneficia anche il personale dirigente?
No. La normativa vigente in tema di integrazione salariale esclude la figura del dirigente quale possibile fruitore di forme di CIG.
Ove l’azienda dovesse chiudere l’attività, e non voglia ricevere, neppure parzialmente, la prestazione lavorativa del proprio dirigente, non resterebbe allora che il riconoscimento allo stesso di un’aspettativa retribuita.
Vi sono conseguenze nel caso di nuova domanda di CIGO con causale “Emergenza Covid-19” rispetto ad una CIGS già in fase di erogazione? Sono cumulabili i due trattamenti?
Riguardo al primo quesito, la legge precisa che la domanda di fruizione della nuova CIGO con causale “Emergenza Covid-19” sostituisce il trattamento di CIGS in corso.
Non è consentito il godimento contemporaneo dei duplici trattamenti CIGO e CIGS.
Al momento non risulta disciplinata la fattispecie della retrocessione dalla richiesta e concessa CIGO con nuova causale Coronavirus al precedente regime di fruizione della CIGS.
Le imprese che utilizzano attualmente la CIGS, sono comunque soggette al versamento della cd. “contribuzione addizionale”?
Nel caso della CIGS la contribuzione addizionale deve comunque essere versata, differentemente che in caso di ricorso alla CIGO.
Sussistono evidentemente delle incongruenze sul contributo addizionale.
Mentre infatti l’attuale normativa sugli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro prevede che chiunque faccia domanda di accesso alla CIGS deve versare un contributo addizionale del 9, 12 o 15 % in funzione della durata dell’intervento di integrazione salariale, altrettanto invece non è previsto per le imprese che beneficiano della CIGO a tutela dal coronavirus, indipendentemente dalla loro collocazione geografica.
Per ulteriori approfondimenti e informazioni f.angella@dusilaw.eu