– di Mario Dusi.
Con ordinanza 21963 del 3/9/2019 la Suprema Corte ha voluto individuare la distinzione fra cointestazione e comproprietà di un conto corrente.
Gli ermellini hanno valutato il reale passaggio di proprietà di danaro che viene depositato su un conto corrente (che diventa di proprietà della banca) individuando a quel punto la sussistenza di un diritto di credito (alla restituzione di quanto versato) dei titolari del conto verso la banca: sarà proprio la cessione del danaro a determinare l’esistenza o meno della titolarità alla comproprietà del medesimo.
La cointestazione permette (notoriamente) ai cointestatari di operare entrambi liberamente sul conto (fatto salvo naturalmente limitazioni contrattuali nei confronti della banca) tra le altre con un effetto liberatorio nei confronti della banca, qualora uno dei due cointestatari dovesse acquisire tutti i danari e non darli pro quota all’altro cointestatario.
Secondo la Suprema Corte la cointestazione è solo una presunzione di comproprietà, che può essere oggetto di prova contraria.
Tale aspetto così individuato garantisce una migliore e più precisa interpretazione della tematica, spesso oggetto di controversie in casi di successione e/o separazione personale dei coniugi