– di Mario Dusi.
Come tutti ricorderanno il Tribunale di Trani fu uno dei primi, più di 10 anni fa, ad affrontare la tematica, relativa alla valutazione sulla esenzione della responsabilità di una azienda che aveva effettivamente “costruito” un modello organizzativo ex D.Lgs. 231/2001, mandandola libera da responsabilità.
Con sentenza del 7 maggio 2019 (depositata in data 10 maggio 2019) il medesimo Tribunale, sovvertendo i precedenti (anche costanti della Suprema Corte) – ed il primo provvedimento da parte del GIP – in tema di divieto di costituzione di parte civile in un procedimento ai sensi della normativa sulla responsabilità penale/amministrativa delle aziende ne ammette, invece, la possibilità.
In una sentenza ampiamente motivata il Tribunale affronta i vari aspetti, sia formali che sostanziali, di applicazione della norma per la possibile costituzione di parte civile, passando attraverso la valutazione di precedenti decisioni, come quella cosiddetta “Thyssenkrupp” delle Sezioni Unite (numero 38343/2014), nonché quelle relative alla autonomia della responsabilità dell’ente nei procedimenti ex 231/2001 (tra tutte Cass. 28299/2015), giungendo ad osservare che “la colpa di organizzazione quindi fonda una colpevolezza autonoma dell’ente distinta, anche se connessa, rispetto a quella della persona fisica” (Cass. 38363/2018).
Afferma anche che il reato commesso dal soggetto, inserito nella compagine dell’ente (in vista del perseguimento dell’interesse e del vantaggio di questo) è sicuramente qualificabile come “proprio della persona giuridica, ciò in forza del rapporto di immedesimazione organica che lega il primo alla seconda”.
Per i Giudici del Tribunale di Trani non si può dunque escludere che dal “fatto dell’ente” possa derivare un danno risarcibile per fatto proprio che obbliga a rispondere di un possibile danno risarcibile, senza che rilevi l’esercizio, da alcune parti civili, dell’azione civile indiretta appunto avanti al Giudice Civile.
Secondo detto Tribunale non è convincente l’argomento utilizzato a sostegno della tesi restrittiva, rispetto alla costituzione di parte civile, che invoca un presunto silenzio del legislatore nelle norme di detto decreto, per escludere l’azione.
Al contrario, il legislatore ha espressamente individuato un sistema di rinvio ricettizio alle disposizioni generali sui procedimenti, in base a quanto disposto dagli articoli 34 e 35 del D.Lgs. 231/2001, tale per cui non è nemmeno necessario fare ricorso all’analogia per ammettere l’azione civilistica.
Il fatto che il legislatore non abbia espressamente escluso la costituzione di parte civile, come ha svolto in altre materie (ad esempio il processo penale minorile) ed anzi escludendo anche qualsiasi interpretazione relativa alla possibile applicazione della sentenza C79/11 (del 12/7/2012) della Corte di Giustizia Europea (che riguarda in generale la posizione della vittima nel procedimento penale) comporta pacificamente la possibilità di costituzione di parte civile.
Infine, secondo detto Tribunale anche le prescrizioni, attinenti alla revoca delle sanzioni interdittive (articolo 50, nonché articolo 45 in combinato disposto con l’articolo 17 lettera a del D.Lgs. 231/2001), vanno interpretate come la introduzione del diritto delle persone offese o danneggiate di esercitare l’azione risarcitoria diretta nei confronti dell’ente per fatto proprio, che è diversa dall’azione indiretta esercitata nei suoi confronti quale responsabile civile.
Conclude detta sentenza affermando che “a sostegno della tesi estensiva è sufficiente richiamare l’impianto normativo del D.Lgs. 231/2001 e la stretta connessione tra reato e responsabilità da reato degli enti sia con riferimento ai criteri di imputazione oggettiva dei reati all’ente, sia con riferimento a tutte le norme del D.Lgs. 231/2001 che prevedono che la società dell’ente è collegata al reato, con ciò ritenendo ammissibile la richiesta di costituzione di parte civile”.
Questa novità interpretativa, anche se facente riferimento ad una prima sentenza, la quale sovverte completamente i precedenti, apre la strada a nuove attività nel corso del procedimento penale in applicazione della nota norma.