– di Mario Dusi.
La Suprema Corte ha, in poco meno di 40 giorni (dai primi di dicembre del 2018 a metà gennaio 2019), incentrato molteplici decisioni sulla difficile tematica del Trust (istituto che sempre più prende piede anche in Italia) e più precisamente sulla modalità di interpretare il vincolo di destinazione dei danari conferiti in un Trust, per poi individuare il tipo di tassazione applicabile ai medesimi.
Fino ad oggi si scontravano due teorie (e tendenze); con sentenza numero 3727/2015 la Suprema Corte si era espressa a favore della applicazione dell’imposta di donazione sui beni oggetto di vincolo di destinazione in Trust.
Viceversa la sentenza, della medesima Corte, numero 2164/2016 individuava – quale momento valido per il prelievo fiscale – quello del trasferimento finale dei beni in capo ai beneficiari.
In quest’ultimo senso la CTR della Lombardia (con sentenza del 14 settembre 2018 – numero 3817), aderendo al concetto di donazione indiretta, sosteneva che il presupposto impositivo, ossia l’immediato reale arricchimento, sussistesse già nella fase di costituzione del Trust.
Con l’ordinanza 31445 del 2018 gli Ermellini affermano che se l’istituzione del Trust non comporta un effettivo trasferimento di danari (e/o beni) ed ha solo natura transitoria non vi sia una manifestazione di capacità contributiva e pertanto si applicherà solo la tassazione in misura fissa.
La quantificazione delle imposte si concretizzerà dunque solo in occasione del trasferimento definitivo ai beneficiari dei beni vincolati in Trust.
Viceversa in tutti i casi di quei Trust che il disponente istituisce ad esempio a vantaggio dei figli, per dotare i medesimi di un certo patrimonio ad una certa data (lasciando naturalmente nel frattempo la gestione al trustee), ritiene la Corte che ciò concretizzi comunque una donazione indiretta e dunque si renda giustificata l’applicazione dell’imposta di donazione.
Successivamente con ordinanza 734 del 2019 la Suprema Corte ha maggiormente specificato il concetto proponendo la distinzione fra Trust meramente traslativo, ossia quell’istituto attraverso il quale vi è una chiara individuazione del beneficiario finale del Trust, per il quale prevede l’immediata applicazione dell’imposta di donazione, oppure delle varie ulteriori imposte a seconda dei beni concessi in Trust, ossia quelle ipotecarie o catastali in caso di immobili.
Se invece il Trust traslativo comprende un’intestazione ad un trustee chiara, seppur transitoria, ecco che il Trust verrà assoggettato a imposizioni in misura fissa, ritenendo di applicare quella proporzionale solo nel caso di definitiva attribuzione dei beni ai beneficiari.
Di fatto allora si tratta di verificare (caso per caso) se con la costituzione del Trust il beneficiario e già definitivamente individuato, o meno.
Melius re perpensa con ulteriore ordinanza del 17 gennaio 2019 (la numero 1131) la Cassazione fa dei passi indietro indicando che, sebbene il destinatario del Trust possa anche essere individuato, al medesimo non viene applicata la tassazione se non vi sia un reale ed effettivo incremento patrimoniale del medesimo; la Suprema Corte ritiene che ciò accada solo quando il programma del Trust abbia (poi) avuto effettiva e completa esecuzione.
Con ciò si crea un certo caos che può nuocere allo sviluppo dell’istituto del Trust, soprattutto nella materia fiscale che – notoriamente – è determinante ai fini della decisione in ordine alla istituzione del medesimo (o meno).
Al riguardo è auspicabile una nuova e più precisa presa di posizione, magari a Sezioni Unite, della Suprema Corte per dare slancio a questo istituto che spesso può essere determinante e risolvere difficili strutture giuridiche, aziendali e familiari.