– di Simona Tempra.
Nell’ambito del dibattito sorto da tempo in ordine agli affidamenti bancari, un ruolo rilevante, rispetto alla valutazione del superamento eventuale della soglia d’usura, è stato assunto e tutt’ora riveste, la Commissione di massimo scoperto, più brevemente detta CMS.
Bankitalia definisce la CMS nelle sue “Istruzioni per la rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull’usura”, come “ ….il corrispettivo pagato dal cliente per compensare l’intermediario dell’onere di dover essere sempre in grado di fronteggiare una rapida espansione nell’utilizzo dello scoperto del conto”.
Dunque la CMS rappresenta per il correntista affidato un onere economico che, in quanto tale, non può sfuggire alla previsione normativa dell’art. 644 cod. pen. che, nella sua ultima formulazione costituisce il perno giuridico centrale per la individuazione della fattispecie usuraria.
Dispone infatti tale norma, al quarto comma, che “ ….per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, rimunerazioni a qualsiasi titolo delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito.”
Definizione questa che è ripresa da larga parte della dottrina e giurisprudenza, secondo cui, per individuare l’eventuale superamento del tasso soglia d’usura, occorre considerare il costo globale del credito, vale a dire l’onere economico complessivo a cui, per vario titolo, il cliente bancario deve adempiere quale corrispettivo dell’affidamento bancario di cui usufruisce.
Il quesito risolto dalle Sezioni Unite di Cassazione con sentenza n. 16303 del 20.06.2018 richiede ancora la preliminare illustrazione di alcuni aspetti.
Da una parte, le Istruzioni di Bankitalia per la rilevazione ai fini della usura del tasso effettivo globale medio (TEGM) non consideravano la CMS quale elemento di calcolo.
Dall’altra, per contro, l’art.2 bis del DL n.185/2008 affermava che ai fini della usura sono rilevanti anche “gli interessi, le commissioni e le provvigioni derivanti dalle clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione a favore della Banca, dipendente dalla effettiva durata della utilizzazione dei fondi da parte del cliente …..”.
A definizione di alcune controversie giudiziali sorte in tema di calcolo per la determinazione di eventuale usura, la Seconda Sezione penale della Corte di Cassazione, con sentenza n. 12028/2010 (decisione poi confermata da altre sentenze di Cassazione tra cui n.28743/2010 e la n.46669/2014) stabiliva in buona sostanza due concetti:
- Il tenore letterale dell’art.644 cod. pen. “impone di considerare rilevanti, ai fini della determinazione della fattispecie di usura, tutti gli oneri che un utente sopporti in connessione con il suo uso del credito. Tra essi rientra indubbiamente la commissione di massimo scoperto……. Ciò comporta che nella determinazione del TEG praticato da un intermediario finanziario nei confronti di un soggetto fruitore del credito deve tenersi conto anche della commissione di massimo scoperto”.
- Tale impostazione trovava poi fondamento anche nella circostanza secondo cui, a giudizio della Suprema Corte, il citato art. 2 bis DL 185/2008 doveva intendersi quale norma di interpretazione autentica dell’art.644 cod. pen., andando perciò a correggere una prassi amministrativa difforme e dunque, quale norma interpretativa, con applicazione retroattiva .
Tuttavia, la prima Sezione Civile della Cassazione, con successive due sentenze del 2016 (la n.12965 e la n. 22270), assumeva orientamento opposto, negando il presunto carattere interpretativo/retroattivo del citato art. 2 bis e quindi escludendo che per il periodo precedente all’entrata in vigore del DL n.185/2008 si potesse tenere conto della CMS ai fini del calcolo per la individuazione delle fattispecie usurarie.
Di qui, dunque, l’origine, ai fini di dirimere il contrasto, della sentenza della Cassazione a Sezioni unite n. 16303 del 20 giugno 2018 che, in estrema sintesi chiarisce che:
- l’art.2 bis DL n.185/2008 non ha natura interpretativa e dunque carattere retroattivo;
- difatti la norma non solo non contiene alcun riferimento che ne evochi tale natura, ma “contiene, anzi, chiarissimi indizi in senso contrario“ ;
- tuttavia, fatto salvo l’impatto pratico dell’aver anche negato la natura retroattiva della norma, l’esclusione del carattere retroattivo dell’articolo di legge esaminato “non è decisiva per la soluzione della questione …della rilevanza o meno delle commissioni di massimo scoperto, ai fini della verifica del superamento del tasso soglia della usura presunta “;
- anzi, il carattere di tale onere non esclude che la CMS, in quanto “corrispettivo pagato dal cliente….non debba rientrare tra le commissioni o rimunerazioni del credito, menzionate , sia dall’art.644 cod.pen. quarto comma, sia dall’art. 2 comma 1 legge 108/1996 (legge sull’usura), attesa la sua dichiarata natura corrispettiva rispetto alla prestazione creditizia della banca”;
- occorre però procedere nel calcolo, secondo metodi di comparazione complessi, tenuto conto che le CMS devono essere rilevate separatamente dagli interessi, “secondo grandezze non omogenee rispetto al tasso interessi (a differenza degli interessi si calcolano sull’ammontare della sola somma corrispondente al massimo scoperto raggiunto nel periodo di riferimento e senza proporzione con la durata del suo utilizzo).”
- del resto lo stesso Bollettino di Vigilanza n.12 /dicembre 2005 (che la sentenza fa proprio) ha indicato le modalità di comparazione che appunto considerano la incidenza delle CMS;
- il metodo ivi illustrato prevede, oltre al calcolo del tasso interesse applicato ed al suo raffronto con il tasso soglia, il confronto tra l’ammontare percentuale della CMS praticata e l’entità massima della CMS applicabile (c.d. CMS soglia), desunto aumentando del 50% l’entità della CMS media pubblicata nelle tabelle;
- da notare, osserva la Corte, che l’applicazione di CMS che superano, quale risultato del suddetto confronto, la cosiddetta CMS soglia non determina di per sé la usurarietà del rapporto; occorre invece per ciascun trimestre confrontare l’importo della CMS percepito in eccesso con l’ammontare degli interessi che la banca avrebbe potuto richiedere fino ad arrivare alle soglie di volta in volta vigenti ( “margine”) .
- “ Qualora l’eccedenza della commissione rispetto alla “CMS soglia” sia inferiore a tale margine è da ritenere che non si determini un supero delle soglie di legge “ stabilite ai fini della individuazione di usura .
Si tratta evidentemente di una sentenza molto tecnica, che presuppone una piena padronanza dei metodi di calcolo del rapporto di conto corrente affidato e che inciderà notevolmente sul contenzioso bancario in corso, costituendo inevitabilmente una sorta di “linea guida” anche per i tanti consulenti tecnici d’ufficio che assistono e coadiuvano con le loro CTU contabili le decisioni in materia delle Corti di merito.