– di Mario Dusi
Il D.Lgs 231/2001 è la norma che ha introdotto un nuovo genere di responsabilità in capo alle aziende, sovvertendo così completamente il consolidato principio secondo cui le società non potevano essere responsabili penalmente. Si tratta infatti di una nuova responsabilità amministrativa/penale applicabile a tutte le aziende ed enti (che nel complesso non siano puramente della pubblica amministrazione ed abbiano uno scopo economico). Detto decreto ha una portata estremamente allargata ed è in continuo ampliamento di fattispecie penalistiche, che costituiscono i c.d. reati presupposto.
Benché il testo del decreto non regoli espressamente l’estensione dell’applicazione della suddetta responsabilità alle società collegate e controllate, nonché alle capogruppo, anche a livello internazionale, a colmare tale lacuna è intervenuta la giurisprudenza consolidata sia di merito che di legittimità.
Una delle prime decisioni esemplificative in materia è quella del Tribunale di Milano, il quale con ordinanza di riesame del 27 aprile 2004, applicava il D.Lgs 231/2001 alle società estere operanti in Italia. Il Tribunale imponeva così espressamente la necessità di valutare la compatibilità del modello organizzativo (strumento necessario, ma non sufficiente, ai sensi del decreto 231/2001 per ottenere l’esimente dalla responsabilità in questione) eventualmente adottato dalle società straniere, alla legislazione italiana, indicando che in caso di assenza, incompatibilità o inadeguatezza dello stesso, le società straniere rispondono in Italia secondo la legge italiana.
Ai fini di evitare la responsabilità amministrativa ex D.Lgs 231/2001 è opportuno quindi che la società straniera, sia essa o meno capogruppo, – qualora intenda operare direttamente o indirettamente in Italia – si adegui preventivamente alla legislazione italiana, prevedendo sia un adeguato modello di organizzazione (che individui e miri a prevenire il compimento in Italia dei reati presupposto, di cui alla norma), che l’istituzione di un c.d. Organismo di Vigilanza presso la propria sede estera.
Il Tribunale con la citata decisione, in applicazione del generale principio lex loci commissi delicti, afferma a chiare lettere che per il reato commesso in Italia da una società straniera, è competente il giudice italiano.
Spesso le società straniere, non conoscendo approfonditamente la normativa italiana e le relative (poc’anzi menzionate) interpretazioni della nostra giurisprudenza, credono erroneamente di poter accomunare al D.Lgs. 231/2001, i propri sistemi, la propria politica, i propri controlli ed i propri modelli di governance e di compliance, utilizzando così questi, senza particolari adattamenti alla legge italiana. Tuttavia questi metodi purtroppo non saranno nel caso specifico sufficienti, davanti alla pubblica accusa italiana, per ottenere le esimenti ai sensi del D.Lgs. 231/2001. Di seguito riportiamo brevi cenni per evidenziare l’attuale frammentarietà della legislazione internazionale in tema.
Stante la evidente frammentarietà delle normative internazionali in tema di responsabilità amministrativa/penale delle aziende, la Commissione Europea – in particolare l’OLAF (European Anti Fraud Office) – sta elaborando un regolamento che dovrebbe istituire il “Pubblico Ministero Europeo”, quindi un organo penale unitario all’interno della Unione Europea. Il progetto è sicuramente ambizioso e si prefigge di armonizzare le varie sfaccettature del diritto penale a livello europeo. L’istituzione del Pubblico Ministero Europeo avrebbe il vantaggio di essere un istituto nuovo e pertanto probabilmente più flessibile ed adattabile alle nuove esigenze di risolvere le aumentate questioni penali internazionali, incluse le frodi e gli illeciti riconducibili ai reati presupposto del D.Lgs 231/2001.
Tenuto conto del fatto che il D.Lgs 231/2001 nasce proprio da un contesto internazionale e che l’attuale assenza di armonizzazione a livello internazionale in materia di responsabilità amministrativa/penale delle imprese costituisce una delle principali lacune, che si riflette a discapito delle stesse imprese e della loro internazionalizzazione, il costituendo Pubblico Ministero Europeo avrebbe quale migliore compito l’applicazione (a livello per lo meno europeo), dei concetti di governabilità, modelli organizzativi, vigilanza e relativa responsabilità amministativa/penale degli enti, estendendo tali principi anche ai gruppi di società multinazionali, con l’ambizioso scopo di coordinare ed armonizzare le legislazioni dei vari Stati europei, che attualmente sono ancora frazionate. Il tutto apporterebbe un indubbio vantaggio alla certezza del diritto e dei rischi/ responsabilità delle imprese, con conseguentemente contributo per il rilancio dell’economia internazionale.
Anche il PM Europeo potrebbe quindi incisivamente contribuire a diffondere la cultura di integrità, trasparenza e virtuosità delle aziende, che è alla base del D.Lgs 231/2001, sullo stesso territorio italiano, proprio attraverso l’applicazione ed armonizzazione di detta legge anche a livello internazionale europeo.